Ministero della Transizione Ecologica, con la circolare del 14 maggio 2021 1 ha voluto mettere ordine sulla materia in oggetto chiarendo l’inquadramento dei rifiuti della manutenzione del
verde pubblico e privato a seguito delle modifiche intervenute sulla nuova definizione di rifiuto urbano in vigore dal 1° gennaio 2021 introdotta dal D.Lgs. vo 116/2020.
In base alla legislazione vigente gli scarti derivanti dalla manutenzione del verde devono essere classificati oggi come:
a) rifiuti urbani: se prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde pubblico materiali prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde privato “fai da te”, attuata da privati (Codice EER 200201);
b) rifiuti speciali non pericolosi: se prodotti nell’ambito di una attività di manutenzione del verde privato da un’attività d’impresa (non risultando l’attività in questione ricompresa tra quelle individuate nell’allegato L-quinquies del D.lgs.vo 116/2020); in ogni caso il codice EER da attribuire è sempre 200201;
c) sottoprodotti: se derivanti da attività di buone pratiche colturali e avviati ad attività di recupero energetico, secondo il DM 264/16, o se ceduti ad altre imprese agricole per l’impiego nelle buone pratiche colturali di queste ultime.
In alcune aree del territorio le multiutility pubbliche locali non permettono più alle imprese artigiane (giardinieri) di conferire gli scarti della manutenzione del verde privato presso i centri di raccolta comunali di rifiuti urbani: ciò in virtù del fatto che tali rifiuti, accettati fino a “ieri” come urbani con il codice EER 200201, pur mantenendo lo stesso codice, dal 1° gennaio 2021 sono classificati dalla legge come rifiuti speciali non pericolosi e quindi non più urbani.
Le imprese pertanto si trovano a dover gestire un rifiuto speciale non pericoloso e non più un rifiuto urbano (o ex assimilato agli urbani) e devono provvedere, o per proprio conto o tramite terzi, alla loro gestione (avvio a recupero e/o smaltimento).
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