Si da evidenza ai chiarimenti in risposta ai numerosi quesiti in merito all’interpretazione delle disposizioni introdotte dall’art. 9-bis del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 (Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno), come convertito in legge dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, in attuazione degli obblighi contenuti nella direttiva 2015/720/UE in materia di riduzione dell’utilizzo di borse di plastica.
Come è noto, a seguito dell’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea per il mancato recepimento della direttiva in questione, la disciplina in parola è stata adottata mediante l’approvazione di un emendamento governativo presentato in sede di conversione in legge del decreto-legge richiamato. Il testo dell’emendamento riproduceva alla lettera il contenuto normativo di uno schema di decreto legislativo adottato dal Governo nel novembre 2016 in attuazione della delega contenuta nell’art. 4 della legge 12 agosto 2016, n. 170. Sullo schema di decreto legislativo le Commissioni parlamentari competenti si erano espresse favorevolmente senza condizioni, ma la delega era però venuta a scadere prima che fosse possibile l’approvazione definitiva del decreto.
La direttiva 2015/720/UE definisce (art. 1, comma 1) “borse di plastica in materiale leggero” le borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron.
Per tale tipologia di borse gli obiettivi europei di riduzione del consumo sono vincolanti. Detti obiettivi possono essere raggiunti attraverso divieti alla commercializzazione o altre misure restrittive quali, ad esempio, imposte al consumo. Inoltre, tra le misure obbligatorie, gli Stati membri, se non intendono fissare obiettivi annuali di riduzione del consumo pro-capite, sono tenuti a far pagare le buste di plastica leggere commercializzabili, introducendo il c.d. “pricing” e cioè il divieto di fornitura delle medesime buste di plastica a titolo gratuito.
La direttiva consente infine la possibilità agli Stati membri di estendere il campo di applicazione delle suddette misure di riduzione dell’utilizzo per altre tipologie di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore, in particolare per quanto riguarda le borse di plastica in materiale ultraleggero, che sono quelle con uno spessore inferiore a 15 micron richieste a fini d’igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi. Tale possibilità è prevista dall’articolo 4, paragrafo 1-ter, della “direttiva imballaggi”, così come modificata dalla direttiva 2015/720/UE.
Come detto, il recepimento della direttiva nell’ordinamento interno è stato effettuato con il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, in stretta conformità con gli specifici principi e criteri di delega legislativa già stabiliti dal Parlamento nazionale nell’articolo 4, comma 2, della legge n. 170 del 2016.
In particolare, vanno menzionati i principi e criteri di delega relativi:
al mantenimento dei divieti di commercializzazione, tipologie delle borse di plastica commercializzabili e spessori già stabiliti dalla legislazione nazionale dal 2012 (in attuazione dei commi 1129, 1130 e 1131 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28); alla progressiva riduzione della commercializzazione delle borse di plastica fornite a fini di igiene o come imballaggio primario per alimenti sfusi diversi da quelli compostabili e realizzate, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile; al divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ammesse al commercio.
Sulla base di questi principi e criteri di delega e in attuazione delle definizioni e disposizioni della direttiva 2015/720/UE, il Legislatore nazionale ha previsto un doppio regime:
una disciplina che mantiene un divieto di commercializzazione delle borse in materiale leggero o di maggiore spessore e introduce formalmente il c.d. “pricing” già ampiamente praticato dagli operatori del settore su base volontaria dal 2012;
un insieme di norme che introduce gradualmente, a partire dal 1° gennaio 2018, restrizioni alla commercializzazione delle buste di plastica ultraleggere che si concretizzano attraverso il divieto delle buste ultraleggere non ecologiche e prevede, anche per detta tipologia di buste, il c.d. “pricing”.
BUSTE DI PLASTICA COMMERCIALIZZABILI
Tutto ciò premesso e alla luce della disposizione applicabile dal 1° gennaio 2018, si ritiene utile riassumere la disciplina dell’utilizzo delle borse di plastica fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti (art. 218, comma 1, lett. dd-ter, D.Lgs. n. 152/2006):
1. borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:
con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;
2. borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:
con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;
con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;
3. borse di plastica biodegradabili e compostabili certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità;
4. borse ultraleggere biodegradabili e compostabili di spessore inferiore a 15 micron, realizzate con almeno il 40% di materia prima rinnovabile, ai fini di igiene fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi, come frutta, verdura ed altri alimenti che non siano già stati preincartati dal produttore.
OBBLIGO DI FAR PAGARE TUTTE LE BORSE DI PLASTICA AMMESSE AL COMMERCIO
Sull’argomento, si evidenzia che l’art. 226 bis, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 dispone che le borse di plastica biodegradabili e compostabili, nonché le borse di plastica riutilizzabili “non possono essere distribuite a titolo gratuito e, a tal fine, il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite”.
Parimenti, l’art. 226-ter, comma 5 del medesimo D.Lgs. n. 152/2006 dispone che le borse ultraleggere, “non possono essere distribuite a titolo gratuito e, a tal fine, il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite”.
L’obbligo di pagamento delle borse ultraleggere, che trova la sua ratio nell’esigenza di avviarne una progressiva riduzione della commercializzazione, decorre dal 1° gennaio 2018.
UTILIZZO DI BORSE PORTATE DALL’ESTERNO PER ASPORTO PRODOTTI SFUSI
Un ulteriore chiarimento è relativo, anche al fine del coordinamento con le regole di sicurezza alimentare e igiene degli alimenti come previste dal comma 3 dell’art. 226-ter, D.Lgs. n. 152/2006, alla possibilità, da parte del consumatore che non intende pagare la borsa ultraleggera, di utilizzare, al posto della stessa, imballaggi portati dall’esterno del negozio.
Per quanto riguarda l’utilizzo di borse portate dall’esterno degli esercizi commerciali in sostituzione delle borse ultraleggere fornite esclusivamente a pagamento ai consumatori a partire dal 1° gennaio 2018, si fa presente, innanzitutto, che la nuova disciplina introdotta dall’art. 9-bis del decreto-legge n. 91/2017, come convertito in legge, si applica esclusivamente alle borse di plastica come definite dal nuovo art. 218, comma 1, lett. dd-ter), ai sensi del quale le borse di plastica sono “borse con o senza manici, in plastica, fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti”; si ricorda, inoltre, che il comma 3 dell’art. 226-ter del D.Lgs. n. 152/2006 stabilisce testualmente che “nell’applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei regolamenti(UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare”.
Conseguentemente, ancorché qualunque pratica volta a ridurre l’utilizzo di nuove borse di plastica risulti indubbiamente virtuosa sotto il profilo degli impatti ambientali, si ritiene che sul punto la competenza a valutarne la legittimità e la conformità alle normative igienico-alimentari richiamate nel citato comma 3 dell’art. 226-ter spetti al Ministero della Salute. Lo stesso Dicastero, allo stato, è orientato a consentire l’utilizzo di sacchetti di plastica monouso, già in possesso della clientela, che però rispondano ai criteri previsti dalla normativa sui materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti. Tali sacchetti dovranno risultare non utilizzati in precedenza e rispondenti a criteri igienici che gli esercizi commerciali potranno definire in apposita segnaletica e verificare, stante la responsabilità di garantire l’igiene e la sicurezza delle attrezzature presenti nell’esercizio e degli alimenti venduti alla clientela.