Si sta concludendo una campagna elettorale caratterizzata dall’intreccio di numerose proposte in campo fiscale. I programmi dei quattro principali partiti o coalizioni complessivamente indicano 441 interventi con effetti sul bilancio dello stato. Di questi il 79,4% sono incrementi di spesa e il 19,3% sono riduzioni di entrate. Le proposte per finanziare questi interventi si limitano all’1,3% delle indicazioni espresse. Il risveglio sarà brusco: la prossima legge di bilancio sarà varata in una fase ciclica negativa e dovrà considerare i target delineati ad aprile nel DEF 2022 che, nel quadro programmatico indica nel 2022 un deficit al 5,6% del PIL che si riduce al 3,9% nel 2023, con il saldo primario che nel biennio in esame passa dal -2,% del PIL al -0,8%. Il rapporto tra debito e PIL è in discesa, passando dal 147,0% al 145,2%.
Verso la Nadef – Entro il 27 settembre il Governo vara la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef). La Nota sintetizzerà nel quadro tendenziale – a politiche invariate – gli effetti della crisi energetica, dell’inflazione e delle politiche monetarie sulla crescita reale e nominale del PIL. Dalla stima di crescita del PIL per il 2023 del 2,4% del DEF di aprile, si è scesi nelle previsioni di luglio al +1,2% di Banca d’Italia, al +0,9% della Commissione europea e al +0,7% del Fondo monetario internazionale. L’escalation dei prezzi del gas e dell’elettricità ad agosto potrebbe determinare un ulteriore ribasso delle previsioni di crescita. Il margine di incertezza rimane elevato, anche per altre poste del bilancio pubblico influenzate dall’evoluzione dell’inflazione e dagli interventi della Bce. Il rialzo dei tassi conseguenti alla politica monetaria restrittiva spinge in alto la spesa per interessi; si potrebbe invertire il trend delineato nel DEF di aprile, in cui il costo del debito nel 2023 è pari 61,7 miliardi di euro (3,1% del PIL), in discesa rispetto 65,9 miliardi di euro (3,5% del PIL) del 2022. L’inflazione determina una pressione sulla spesa pubblica mediante l’indicizzazione delle pensioni, aumenta il valore dei consumi intermedi (nel 2021 pari a 110,4 miliardi di euro) e spinge le richieste di maggiori retribuzioni nei rinnovi contrattuali de